L’accesso tempestivo alle cure sanitarie è un diritto sancito dalla legge, ma per milioni di italiani è un percorso ad ostacoli. Le liste d’attesa nel Servizio Sanitario Nazionale continuano a rappresentare una delle principali criticità del sistema, con tempi che spesso superano i limiti previsti dalla legge. I dati mostrano un servizio sanitario in cui visite specialistiche, esami diagnostici e interventi chirurgici possono richiedere mesi o anni; tempi che costringono i pazienti a rinunciare alle cure o a rivolgersi al settore privato.
Le liste d’attesa e i tempi massimi per legge
Le liste d’attesa influenzano le tempistiche di accesso alle cure per i pazienti e influenzano l’organizzazione dei servizi sanitari. Secondo il Ministero della Salute, i tempi di attesa per le principali prestazioni diagnostiche e terapeutiche sono attualmente una delle principali criticità del sistema sanitario.
L’accesso alle prestazioni sanitarie pubbliche è regolato da specifiche normative che prevedono tempistiche massime per diverse tipologie di visite ed esami. A seconda della priorità, viene assegnata una lettera che definisce entro quando la prestazione deve essere erogata:
- con “urgente (U)” entro 72 ore;
- con “breve (B)” entro 10 giorni;
- con “differibile (D)” entro 30 giorni per visite specialistiche e 60 giorni per esami diagnostici;
- con “programmabile (P)” entro 120 giorni.
Tuttavia, numerosi studi e associazioni di pazienti segnalano che spesso queste tempistiche non vengono rispettate. Molti pazienti si trovano costretti a rivolgersi al settore privato o a rinunciare alle cure.
I dati sulle liste d’attesa
Secondo un’indagine condotta da Altroconsumo nel 2023, il 67% dei pazienti ha riscontrato difficoltà nell’ottenere una visita specialistica nei tempi previsti, mentre il 50% ha dovuto ricorrere al privato per ridurre i tempi di attesa. Anche i dati del rapporto Censis-Fnomceo confermano questa tendenza: nel 2022, circa 4 milioni di italiani hanno rinunciato a cure e accertamenti per via delle lunghe attese nel sistema sanitario pubblico.
Le problematiche legate alle liste d’attesa riguardano sia le visite specialistiche che gli esami diagnostici e gli interventi chirurgici. Il report “La salute non può attendere. Monitoraggio nazionale delle liste di attesa” presentato da Federconsumatori nel giugno 2024 ha fornito un quadro dettagliato dei tempi massimi di attesa per le prestazioni sanitarie in Italia.
Per le visite si evidenziano:
- 612 giorni per una visita endrocrinologica nell’ASL di Messina;
- 400 giorni per una prima visita vascolare nella P.A. di Bolzano;
- 176 giorni per una visita oncologica nell’AFO di Crotone;
- 351 giorni per una visita neurologica nell’Azienda campana Napoli1Centro.
Invece, per gli esami diagnostici si rilevano:
- 735 giorni di attesa per una ecodoppler cardiaca nell’Ospedale di Magenta, in Lombardia;
- 482 giorni per una mammografia bilaterale nell’Ospedale di Udine.
Gli interventi chirurgici non urgenti, come protesi d’anca o operazioni per ernia, hanno tempi di attesa che variano da sei mesi a oltre un anno a seconda della Regione.
Disparità regionali nell’accesso alle cure
Uno degli aspetti più critici legato alle liste d’attesa riguarda le disuguaglianze territoriali. Mentre in alcune Regioni i tempi di attesa sono relativamente contenuti, in altre possono essere più del doppio rispetto alla media nazionale. Questo spinge molti pazienti a spostarsi verso strutture sanitarie di altre Regioni – un fenomeno noto come “migrazioni sanitarie” – o a ricorrere al settore privato, aggravando il problema delle liste d’attesa nelle aree più efficienti.
L’inefficienza nella gestione delle liste d’attesa non solo compromette il diritto alla salute, ma ha anche un impatto economico significativo per i cittadini che, non volendo o non potendo attendere i tempi del servizio pubblico, si trovano costretti a sostenere spese elevate per accedere alla sanità privata.
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Le cause principali dei lunghi tempi di attesa
Le lunghe liste d’attesa nel sistema sanitario sono la conseguenza di una moltitudine di fattori complessi e spesso interconnessi. Una delle cause principali è la carenza di personale sanitario: secondo l’OCSE, al 2022 in Italia c’erano solo 6,5 infermieri per mille, contro una media europea di 8,4. Inoltre, il rapporto infermieri-medici, che dovrebbe attestarsi su un rapporto di 3:1 secondo gli standard internazionali, è attualmente inferiore a 1,5:1. A questo si aggiungono le disparità territoriali e organizzative: alcune Regioni dispongono di portali aggiornati per la gestione delle liste d’attesa, che tuttavia non sempre indicano il tempo di attesa medio, mentre altre ne sono completamente prive. Questo rende il sistema disomogeneo e aggrava i tempi di attesa a seconda dell’area geografica.
Un ulteriore problema è la domanda di prestazioni sanitarie, che supera l’offerta disponibile. Secondo l’Audizione ISTAT del 28 gennaio 2025, nel 2023 il 7,6% dei cittadini (circa 4,5 milioni) hanno dovuto rinunciare alle cure, principalmente a causa di problemi economici o legati a caratteristiche dell’offerta, come lunghe liste di attesa o difficoltà nel raggiungere i luoghi di erogazione del servizi. Questa quota si attestava al 6,3% nel 2019.
La burocrazia e le inefficienze amministrative contribuiscono ad aggravare la situazione: l’indagine di Altroconsumo del 2019 ha rivelato che oltre il 90% degli intervistati ha riscontrato difficoltà nel prenotare visite o esami con il Servizio Sanitario Nazionale, e che molte persone si sono rivolte al settore privato per ottenere cure in tempi più brevi.
Infine, la pandemia da COVID-19 ha causato il rinvio di numerose prestazioni e ha generato un accumulo di visite ed esami ancora in fase di recupero. Nonostante gli sforzi messi in atto, il sistema sanitario continua a subire le conseguenze di questi ritardi.
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Conseguenze per i pazienti e per il sistema sanitario
I ritardi nelle diagnosi e nei trattamenti possono portare a un peggioramento delle condizioni di salute dei pazienti, con conseguenze potenzialmente gravi soprattutto per chi soffre di patologie croniche o progressive, come malattie oncologiche, cardiovascolari o neurologiche. Le terapie spesso richiedono trattamenti tempestivi e ritardare esami diagnostici o interventi può comportare un aumento delle complicanze, la necessità di cure più invasive o, nei casi peggiori, una riduzione delle possibilità di guarigione.
Oltre all’impatto sulla salute individuale, le liste d’attesa hanno ripercussioni economiche e sociali. La difficoltà di accesso ai servizi pubblici spinge i cittadini a rivolgersi al settore privato, dove i tempi di attesa sono generalmente più brevi, ma i costi possono essere proibitivi per molte famiglie. Questo genera un divario nell’accesso alle cure, che favorisce chi può permettersi visite e trattamenti a pagamento e penalizza le fasce più deboli della popolazione.
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Questo squilibrio incide anche sul servizio pubblico: molti medici e operatori sanitari, attratti da condizioni lavorative migliori e compensi più elevati, si spostano nel privato, riducendo la disponibilità di specialisti negli ospedali pubblici e allungando ulteriormente i tempi di attesa.
Inoltre, sempre più pazienti, non riuscendo a ottenere visite specialistiche o esami in tempi ragionevoli, si rivolgono ai pronto soccorso o ad altre strutture di emergenza e rallentano l’assistenza per i casi realmente urgenti.
Infine, l’attesa prolungata per ricevere le cure necessarie genera ansia e stress nei pazienti e nelle loro famiglie, con un impatto significativo sul benessere psicologico, specialmente per chi attende cure per condizioni invalidanti o potenzialmente letali.