Il diritto alla salute e l’evoluzione dell’offerta sanitaria italiana
La Costituzione italiana garantisce all’articolo 32 il diritto all’assistenza sanitaria universale e in larga parte gratuita. Dal 1978 è il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) a erogare le prestazioni sanitarie a tutta la popolazione, secondo i principi di universalità, uguaglianza e equità. Anche se nell’immaginario collettivo il SSN è un unicum, si tratta di un insieme di funzioni, attività e servizi assistenziali forniti e gestiti dallo Stato tramite il Ministero della Salute. Questo ente predispone il Piano Sanitario Nazionale per definire gli obiettivi di tutela della salute dei cittadini, che andranno raggiunti nei tre anni successivi.
Sulla carta, può definirsi un sistema eccellente. Tuttavia, già negli anni Novanta avanzavano le prime proposte per sostituire il sistema sanitario pubblico con uno più aperto all’economia di mercato. L’obiettivo era quello di contenere la spesa pubblica sia per rispettare i criteri del Trattato di Maastricht e del Patto di Stabilità e Crescita, sia per prepararsi ad affrontare crescenti esigenze sanitarie e un progressivo invecchiamento della popolazione.
Negli anni a seguire il governo tenterà di arginare il problema dei costi applicando continui tagli al Fondo Sanitario, una mossa che mina alla stessa sopravvivenza del sistema: sotto un certo livello di finanziamento è inevitabile che alcuni pacchetti di prestazioni passino al mercato privato e che, di conseguenza, il loro costo diventi completamente a carico dei cittadini.
Le criticità del Servizio Sanitario Nazionale
In tempi recenti la crisi finanziaria globale e le politiche di contenimento della pandemia hanno accelerato questo processo, e le restrizioni sulla spesa sanitaria sono tornate all’ordine del giorno. I problemi che oggi il SSN si trova a dover affrontare sono molteplici, ma riguardano soprattutto il volume delle risorse messe a disposizione dello Stato e la qualità delle cure fornite, anche in termini di possibilità di accesso. La crescita demografica e l’innalzamento della longevità generano infatti una crescita della richiesta di prestazioni sanitarie, che porta a profonde disparità a livello regionale.
Ogni anno, infatti, più di 1 milione di italiani si sposta dalla propria Regione per ricevere prestazioni sanitarie. Analizzando questo gruppo di persone emergono due dati interconnessi. Il primo è la Regione d’origine: il Sud è penalizzato da una cattiva gestione delle risorse, che comporta servizi ospedalieri e sanitari meno efficaci, e mancanza di reparti specializzati; per questo motivo sono principalmente le Regioni del Meridione a “lasciar scappare” i pazienti. Il secondo dato riguarda la motivazione dello spostamento: nella maggior parte dei casi i flussi migratori sono alimentati da pazienti che necessitano di importanti terapie patologiche, spesso oncologiche o per malattie croniche. Emerge quindi un vero e proprio “esodo” di italiani che, non potendo attendere le tempistiche del settore pubblico, si spostano da Sud a Nord alla ricerca di una maggiore qualità delle cure o liste d’attesa più snelle.
Un complicato equilibrio tra pubblico e privato
Con il sistema sanitario pubblico in crisi e particolarmente compromesso al Sud, la sanità privata rappresenta oggi un’ancora di salvezza per molti cittadini. Tuttavia, anche una definitiva transizione verso un sistema sanitario privato o misto comporterebbe alcune sfide, prima fra tutti l’aumento della spesa pubblica: secondo il 9° monitoraggio del MEF l’Italia nel 2021 ha investito nel SSN un importo pari al 6,9% del Pil, mentre negli Stati Uniti, dove vige un sistema misto regolato da polizze assicurative, questo dato sale al 18,3% per lo stesso anno (dati NHEA 2021). I prezzi salirebbero anche per i privati, poiché in un sistema assicurativo si riduce la possibilità di regolare il mercato. In più, l’attività stessa delle strutture assicurative ha costi amministrativi elevati che non possono essere compressi.
Il rischio dunque è escludere milioni di cittadini a basso reddito, che non possono permettersi assicurazioni o fondi sanitari, e aumentare le diseguaglianze sociali. Si incentiva un accesso ai servizi differenziato e discriminante non solo in base al reddito, ma anche alla posizione lavorativa e allo status sociale.
Gli importi del ticket per accedere alla sanità pubblica sono già a un livello quasi equivalente al prezzo praticato dal privato per le stesse prestazioni. Dovendo scegliere, complice una vincente politica di agevolazioni e tariffe low-cost, un cittadino preferisce affidarsi a una clinica privata o sottoscrivere un’assicurazione sanitaria per ricevere le cure necessarie in tempi estremamente più brevi. Il risultato è un netto trasferimento di risorse e di clientela dal settore pubblico a quello privato.