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“Age management”: solo 1 azienda su 5 tiene conto dell’età dei dipendenti

I lavoratori invecchiano, ma poche aziende applicano politiche di age management.

La popolazione sta invecchiando rapidamente, complici la bassa natalità e l’allungamento della vita. Nel 2050, si stima che circa il 40% della popolazione avrà superato i 60 anni. Le imprese sono pronte ad accogliere i lavoratori senior?

I lavoratori diminuiscono e invecchiano

Il report “Previsioni della Popolazione Residente e delle Famiglie” pubblicato dall’Istituto Nazionale di Statistica nel 2021 evidenzia un trend preoccupante per l’Italia: la popolazione sta diminuendo, a causa della bassa natalità. Dai 59,2 milioni di persone che abitano la Penisola si scenderà a 54,2 milioni nel 2050, e a 47,7 milioni nel 2070. Tenendo conto di questo dato e dell’allungamento della vita, si stima che nel 2050 il 38,7% degli uomini e il 43,9% delle donne avranno più di 60 anni.

La crisi demografica avrà ripercussioni importanti sulle imprese. La fascia di individui in età lavorativa (15-64 anni) si ridurrà rispetto alla fascia non lavorativa (0-14 o 65+), passando da un rapporto di circa tre a due nel 2021 a un rapporto di uno a uno nel 2050.

L’Italia, come altri Paesi membri del gruppo Ocse, ha adattato l’aumento dell’aspettativa di vita a un’età di pensionamento più avanzata. Tuttavia, l’età di effettiva uscita dal mercato del lavoro si aggira intorno ai 62 anni, cinque anni prima rispetto a quanto previsto dalla legge italiana. Questo è dovuto a una combinazione di incentivi insufficienti per lavorare in età avanzata, riluttanza dei datori di lavoro ad assumere e trattenere i lavoratori anziani e investimenti insufficienti nell’occupabilità per tutta la vita lavorativa.

L’andamento demografico negativo, sommato al continuo innalzamento dell’età pensionabile, ha già portato a un aumento dell’11% dei dipendenti sopra i 55 anni nell’ultimo decennio. Nei prossimi anni questa fascia di età sarà sempre più presente nella forza lavoro e le imprese devono confrontarsi con questi cambiamenti, adottando politiche di age management per accomodare i lavoratori senior.

Age management nelle imprese

Nel mondo del lavoro, i lavoratori senior sono visti come portatori di professionalità ed esperienza. Eppure, spesso questo valore aggiunto non è sufficiente per l’implementazione di politiche di “age management”. Questa espressione racchiude una serie di iniziative e misure aziendali per la gestione e l’inclusione della diversità generazionale. L’obiettivo è valorizzare i punti di forza delle diverse generazioni presenti in un ambiente di lavoro, creando le condizioni in cui ciascun individuo possa esprimere il proprio potenziale a pieno.

Secondo le ricerche pubblicate nel 2018 dall’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano solo un’azienda su cinque si occupa di age management in modo sistematico e ha introdotto azioni mirate all’integrazione di diverse generazioni di lavoratori.

Passi avanti sono stati compiuti a inizio 2019, con il progetto “Coordinamento nazionale partecipato multilivello delle politiche sull’invecchiamento attivo” che ha visto la collaborazione triennale (2019-2022) fra il Dipartimento per le Politiche della Famiglia (DIPOFAM) e l’Istituto Nazionale di Riposo e Cura per Anziani (IRCCS INRCA), con interventi del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP).

Quali sono le politiche di age management?

Con una serie di comunicazioni titolate “Raccomandazioni per l’adozione di politiche in materia di invecchiamento attivo” il gruppo di enti si rivolge direttamente alle aziende e incoraggia l’attivazione di politiche che favoriscano la diffusione dell’age management sia nel settore privato che nel settore pubblico.

Queste iniziative puntano a garantire:

  • per i lavoratori maturi, lo sviluppo di opportunità, di risorse e competenze, e la valorizzazione delle specifiche differenze intergenerazionali,
  • per i datori di lavoro, lo sviluppo di un migliore clima aziendale, la valorizzazione del potenziale di un team intergenerazionale, il miglioramento della soddisfazione e della produttività dei lavoratori.

Ma, nella pratica, come può un’azienda occuparsi di age management? Alcune iniziative possono tradursi in:

  • attività di recruiting e selezione non discriminanti in base all’età, ma focalizzate sulle competenze, esperienze e il livello di carriera del candidato,
  • percorsi di formazione che includono forme di mentoring e apprendimento di nuove competenze,
  • sviluppi di carriera che tengono conto delle caratteristiche e delle preferenze dei singoli,
  • interventi sull’ergonomia delle postazioni di lavoro, considerate anche le diverse modalità di lavoro,
  • maggiore flessibilità negli orari e nelle modalità di lavoro (smart working, orario ridotto, modifiche ai turni).

Il report “2020 Global Human Capital Trends” pubblicato da Deloitte suggerisce inoltre che, nonostante le crescenti diversità tra le generazioni, i bisogni e le aspettative non differiscono significativamente: ciò che i dipendenti cercano nel posto di lavoro varia solo leggermente a seconda delle fasce d’età. Tuttavia, l’indagine suggerisce che tener conto degli attributi individuali, come interessi, valori e attitudini, insieme alle variabili demografiche, può semplificare la collaborazione tra colleghi di età diverse.

Nonostante l’alta percentuale di lavoratori over 55, e nonostante gli interventi e le strategie messe in atto dalle organizzazioni internazionali e europee, le aziende italiane sono ancora molto limitate in tema di age management. Le iniziative attivate sono orientate principalmente alla salute e al benessere, mentre vengono tralasciati i percorsi di mobilità interna o di sviluppo della carriera. È ancora più remota la possibilità di cambiare azienda o settore occupazionale: da una parte l’outplacement spesso non viene considerato, dall’altra pochissime aziende attuano politiche di selezione per professionisti over 50.

Il caso BMW

All’estero, però, l’age management è una pratica più diffusa e porta risultati tangibili. Già vent’anni fa BMW, il noto produttore tedesco di autoveicoli, pensava ai suoi lavoratori anziani e riconosceva il loro valore come professionisti.

Nel 2004 ha lanciato il programma “Oggi per Domani” per affrontare adeguatamente l’invecchiamento della popolazione e assicurare la competitività e l’innovazione dell’azienda, anche con una forza lavoro mediamente più anziana. Il programma affronta temi come l’ergonomia, la salute sul posto di lavoro, la leadership e la formazione.

Per quanto riguarda il design delle postazioni di lavoro e l’ergonomia, ad esempio, sono state adottate diverse misure per garantire il comfort e la salute dei dipendenti. Le postazioni sono state progettate ergonomicamente e collocate in un’area “green” per minimizzare lo stress fisico e psicologico. I tavoli sono regolabili in altezza, i pavimenti sono in legno per un migliore assorbimento e ci sono piani inclinati per una sistemazione ottimale dei materiali, le postazioni vengono ruotate per combattere lo stress e promuovere momenti di socializzazione.

Per la salute e la prevenzione, sono state create aree dove i lavoratori possono sedersi e riposare, viene offerta la fisioterapia in loco, e ci sono seminari dedicati alle tematiche dell’età e della salute. Inoltre, nelle mense e nei distributori automatici è presente una scelta variegata e salutare di alimenti.

Infine, in materia di leadership e organizzazione, i manager si impegnano insieme ai dipendenti a migliorare l’ambiente di lavoro, secondo uno stile di “management partecipativo”. I manager sono anche responsabili per il training dello staff, che deve unire una formazione adeguata e bassi livelli di stress.

Il gruppo tedesco si preoccupa di preservare un capitale preziosissimo composto dai dipendenti senior e dalla loro grande esperienza, mentre l’Italia solo negli ultimi anni ha mosso i primi passi verso politiche concrete di age management. È necessario considerare le migliori pratiche europee per avviare un processo virtuoso che unisce gli sforzi di Stato e imprese: lo Stato dovrebbe continuare a promuovere l’invecchiamento attivo della popolazione, mentre le imprese dovrebbero attuare politiche di age management ripensando in modo intelligente la propria organizzazione produttiva.

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